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LA SCOMPARSA DI ISABELLA VERNEY

Data pubblicazione: 07-07-2023

LA SCOMPARSA DI ISABELLA VERNEY

La storia della prima “Miss Italia”

Isabella Verney, morta a 98 anni, è la prima vincitrice del concorso ideato da Dino Villani e che dal 1939 al 1941 si chiamava “Cinquemila lire per un sorriso”.
Il racconto della sua vita sembra una favola, eccola. La mattina del 27 settembre 1939, a Torino, la signora Maria Margaria se ne va con la figlia Isabella a ritirare alcune foto nel negozio di Reimbrandt, in Via Volta. In quel momento è presente una fotografa che scherza con la bambina, 14 anni, occhi azzurri, sottile, delicata. La stuzzica: “Ti piacerebbe una foto?”. Lei non è interessata, ma poi acconsente.
Il volto di Isabella è così straordinario che la mamma non resiste, prende la foto, la mette in una busta e la invia al concorso “Cinquemila per un sorriso”, antesignano di Miss Italia, di cui tanto si parla. Destinataria è la “Erba Gi.Vi.Emme” di Giuseppe Visconti di Modrone che festeggia così il 50 milionesimo tubetto di dentifricio della casa. Ideatore dell’iniziativa è Dino Villani, una persona attivissima, un pubblicitario dalle mille idee, circondato da amici come lo scrittore Cesare Zavattini e il giornalista del Corriere della Sera Orio Vergani.
L’organizzazione, nonostante l’arrivo da tutta Italia di un numero enorme di foto, è puntigliosa: chiede alla signora Margaria altre immagini, ma quella inviata è troppo bella, è unica; non solo ma vorrebbe che, in caso di vittoria, il nome della figlia rimanesse segreto. Naturalmente è impossibile.
L’interesse del concorso, che è soltanto fotografico, cresce con l’avvicinarsi della scelta della vincitrice.
Quando la giuria si riunisce a Milano è sommersa di foto: è composta da Vittorio De Sica, Villani, Zavattini, Edoardo Visconti di Modrone, Marco Ramberti, i giornalisti Rino Albertarelli, Bruno Corra e Arnaldo Fraccaroli, il disegnatore Gino Boccasile, lo scrittore Leònida Repaci, Lucio Ridenti e un funzionario dell’Intendenza di Finanza.
Il 30 ottobre Isabella sente alla radio il suo nome: la vincitrice è lei. Il giorno dopo ha la conferma da un telegramma; poi, ecco il premio, Buoni del Tesoro per una valore di cinquemila lire, serie F, dal numero 968551 al 968560. Saranno incorniciati, ma dopo la guerra non valgono più niente. Eppure non era una somma da poco se in giro ci si augurava, cantando, “Se potessi avere mille lire al mese...”
Intorno alla ragazzina scoppia il finimondo, anche perché la radio ha scandito il suo indirizzo di casa: Via Palmeri 26. I Reimbrandt preparano una gigantografia della foto che ha vinto e la sistemano in bella vista sotto i portici di Corso Vittorio, verso la stazione di Porta Nuova.
Vi rimarrà fino alla fine della guerra, nonostante i bombardamenti, come una specie di omaggio al sorriso della nostre fanciulle, trionfante in mezzo a tante brutture.
Lei rimane quasi indifferente e continua le sue attività: frequenza della prima magistrale alla “Berti” di Via Duchessa Jolanda, il nuoto, la ginnastica, ma a casa sua arrivano valanghe di lettere, richieste di foto, ammiratori che vogliono fidanzarsi, proposte di matrimonio (anche di un principe). Gli unici che vengono accontentati sono i nostri soldati al fronte in Russia, in Africa, in Albania. Poi le scrivono ancora e giurano che porteranno sempre il suo sorriso nello zaino.
Il Centro Sperimentale di Cinematografia le offre un corso gratuito di recitazione, alcuni registi pensano a lei per i loro film, il maestro Carlo Prato, scopritore del Trio Lescano, si intestardisce a insegnarle il canto, ma inutilmente. Non si entusiasma nemmeno alla radio, al fianco della grande attrice Dina Galli. È un rifiuto per tutti, ma il padre, ufficiale dell’Esercito, non c’entra, non è lui a porre divieti, come si diceva. È Isabella, invece, che non si sente di affrontare questi impegni perché troppo bambina, ma qualche anno dopo, a guerra conclusa, dal 1949 al ’51, è una splendida mannequin, top model del tempo, nell’atelier del celebre Ventura e indossa gli abiti più belli del momento. Le acquirenti sono le Crespi, le Acquarone, Wally Toscanini, le grandi famiglie milanesi.
“Ho provato a cantare, mi piaceva, ma non sentivo il tempo”.
Sposata con Carlo Cavaglià, giornalista della Rai, aveva due figli, Alessandro, stessa professione del padre, e Enrico, antiquario, con il quale ha gestito un negozio per molti anni.

La mamma di Isabella ha conservato tutti i ricordi legati a quel titolo di Miss Sorriso che ha conferito alla figlia l’aureola di capostipite di Miss Italia. Lei l’ha vissuto come un piccolo divertimento. La sua fama è andata avanti per tutto il periodo della guerra, poi si è fatta volutamente dimenticare. È riapparsa nel 1989 quando Enzo Mirigliani l’ha invitata a Salsomaggiore in occasione dei 50 anni del Concorso. Da allora sono riprese le lettere e le richieste di fotografie.
“L’ultima - dice - è di qualche giorno fa. Sembra impossibile. Con ciò che abbiamo patito, con tutto ciò che abbiamo rischiato con la guerra, sembra impossibile che si sia ancora vivi. E invece c’è ancora chi chiede la sua fotografia".

Diceva Isabella del concorso di questi anni:
“Qualcuno deve dire alle ragazze che occorre fare sacrifici, studiare, prepararsi per andare incontro alla vita e all’attività che scelgono. Va bene lo spettacolo, ma anche qui serve una preparazione severa e la scelta di una Scuola, un’Accademia di danza, di canto, di recitazione. E poi, con sacrificio, cominciare la gavetta con obiettivi chiari. Altrimenti finiscono nel tritacarne di chi sfrutta la loro bellezza e le illude, lasciandole a mani vuote. Mi pare che Miss Italia sia una delle poche manifestazioni serie che sa mettere in evidenza il talento delle ragazze, quando lo possiedono. Basta vedere i nomi delle Miss, che lavorano ovunque. E alcune costituiscono un bell’esempio di quanto dicevo. Dopo tanti anni, partecipare a Miss Italia vale sempre la pena. Anche se io – conclude Isabella – sono stata una Miss per caso”.

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